RITIRO QUARESIMALE DI REZZATO

RITIRO QUARESIMALE DI REZZATO

RITIRO QUARESIMALE

A REZZATO

 

Domenica 25 febbraio,
quaranta persone, poco più, sono partite da Lallio e hanno raggiunto il convento francescano di Rezzato per un ritiro quaresimale.

Il tema proposto da don Fabio era: “Comunità cristiana semper reformanda”.

“Alla sequela di Gesù possiamo, nonostante i nostri evidenti limiti, essere trasformati e diventare capaci di Vangelo, di Eucarestia e di Carità”

A proporci spunti di riflessione è stato fra Federico, che, dopo la preghiera iniziale, ci ha introdotto nel tema traducendo il termine “reformanda” in “conversione”: tema classico per i cristiani nel periodo di quaresima.

Prendendo a prestito una celebre frase di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo!”, ci ha poi detto che “convertirsi” è scoprire la “bellezza della vita che ci salva”.

Anche il vangelo di questa domenica, che narra la Trasfigurazione – ha continuato fra Federico – ci dice come e perché i tre discepoli presenti sul monte, Pietro, Giacomo e Giovanni, confermino il desiderio di stare con lui. È la «bellezza della “veste” di Gesù», il «suo modo d’essere» che li “converte” a lui.

Nell’incontro con Gesù anche noi possiamo fare esperienza di una bellezza, di una fascinosa conversione. “E’ bello per noi stare qui” dicono i tre discepoli quando, in Gesù, scoprono, non un’idea da seguire, ma come essere persone vere, umane.

Ma… “Qual è questa bellezza?”

Dobbiamo cercarla in Gesù, il Cristo.

Se ci accostiamo alla Parola, al Vangelo per conoscerlo nel suo modo di vivere, nell’attenzione ai bisogni delle persone, nella misericordia con cui si è chinato sulle loro fragilità, nella proposta di realizzare qui e ora il Regno di Dio, cominciamo ad intuire il senso e il fine bello che Lui dà alla creazione, alla vita, alla storia, al nostro “essere” uomini.

Accogliere il suo stile di vita “ci salva” ci apre alla bellezza, ad orizzonti di condivisione e fraternità.

Rifiutarla, dare spazio ad istinti di egoismo, “ci fa perdere”, “ci confonde”.

Sta a noi scegliere; Dio non ci impone, ma ci propone la direzione del cammino.

Poi, fra Federico si è soffermato su quattro atteggiamenti che, tra i cristiani, ma non solo, possono impedire un’esperienza di incontro vero, da persona a persona, con Gesù.

Il primo atteggiamento è quello: “di chi si attiene solo al rispetto della norma ovvero di rispettare in modo legalistico i comandamenti.

Chiudersi nel solo rispetto della legge, non basta. È come un cammino interrotto se ci sentiamo giusti perché abbiamo rispettato la legge, ma non ci accorgiamo e rispettiamo i bisogni e le fragilità di chi ci è prossimo. La proposta di Cristo non va contro, ma oltre la legge, perché vuole “salvare – anche – ciò che è perduto”.

Un altro è quello “di chi si adegua ai cambiamenti o gusti del tempo, senza discernere il senso e il valore di ciò che vive.

Un esempio su tutti: aver cambiato dal latino all’italiano la celebrazione della messa, non cambia nulla se, capendo ciò che viene letto e proclamato durante l’Eucaristia, noi non ce ne serviamo per indirizzare e, se necessario, cambiare la nostra vita.

La tendenza, la moda, del nostro tempo è affermare che non esiste il peccato.

Non è importante ciò che cambia fuori di noi, se noi stessi non ci interroghiamo sulla vita e facciamo scelte sapendo dare “ragione, senso, perché” a ciò che scegliamo.

Un altro ancora è quello “di chi vuole sempre dare un’immagine perfetta di sé stesso”.

Apparire o essere? Apparire significa bloccarsi su un’immagine inesistente di perfezione immaginaria. Prendere coscienza che siamo fatti di limiti e fragilità e sapersi accettare, facilita relazioni corrette, dove accettiamo noi e gli altri per quel che siamo.

La “perfezione” che Gesù indica ai discepoli, infatti, non è uno stereotipo fisso, ma un cammino per superare le resistenze interiori che ci fanno giudicare ed emarginare il nostro prossimo.

Da ultimo è quello “di chi trasforma in ideologia la proposta del Cristo”.

La proposta del Regno non è un programma politico, neppure il più “giusto” che ci immaginiamo.

È piuttosto l’invito a riconoscere, rispettare, apprezzare e armonizzare le diversità, per saper ricomporre divisioni e opposizioni. Comunità viva in cui la diversità creano armonia nell’unità.

A questo punto, fra Federico ci ha letto e commentato la storia di Zaccheo, narrata nel vangelo di Luca (Lc 19,1-10), come esempio di conversione.

Era un uomo ricco, potente, Zaccheo; era a capo di un gruppo di pubblicani della città di Gerico: da loro riceveva una grossa percentuale delle tasse che essi riscuotevano per conto dei Romani.

Era temuto, ma non amato. Anzi, quasi certamente, era perfino odiato, per via della sua collaborazione con i Romani.  Forse per questo sentiva il bisogno di conoscere Gesù, un uomo così diverso da lui, di cui tanto si parlava. Sapendo che era arrivato in città andò a vederlo. Non si aspettava che Gesù, riconoscendolo come capo dei pubblicani decidesse, addirittura, di fermarsi a casa sua.

Luca non ci dice nulla del dialogo che avvenne tra le pareti della casa di Zaccheo. Racconta gli effetti della “conversione”.

Zaccheo decide di restituire quanto “rubato” e di distribuire la metà della sua ricchezza ai poveri: ha capito quanto era insensata la sua vita; quanto, invece, era piena di senso e bella la proposta del Regno, della quale, con molta probabilità, Gesù gli ha parlato mentre sedeva in casa sua.

Luca non ci dice come Zaccheo ha vissuto dopo l’incontro con Gesù.

Non stupirebbe saperlo presente a Gerusalemme, nella comunità che si riuniva intorno agli apostoli, vivendo la comunione di fede in Gesù, mettendo ogni cosa in comune, frequentando il tempio, ritrovandosi poi nelle case per prendere cibo insieme, raccontandosi l’esperienza travagliata ma decisiva dell’incontro col Maestro.

Il brano degli Atti che descrive quella comunità, fra Federico ce l’ha letto e commentato, prima di terminare la mattinata e metterci a tavola, per condividere, noi pure, il pranzo, insieme.

Alle 14.00 abbiamo ripreso dividendoci in quattro gruppi; Riportiamo brevissimamente i passi degli Atti e i temi su cui siamo stati invitati a riflettere:

PRIMO GRUPPO: Atti 4,23-31; LA LITURGIA: o preghiera in comunità, come presa di coscienza degli avvenimenti che accadono e come “dialogo” con lo Spirito che ispira le scelte più opportune.

SECONDO GRUPPO: Atti 4,32-37; LA DIACONIA: o servizio, come coscienza che i beni non sono una proprietà individuale, ma sono per la condivisione, in modo che ciascuno abbia secondo il bisogno.

TERZO GRUPPO: Atti 6,8-15; 7,55-60; IL KERIGMA: o testimonianza, come consapevolezza che vivere nello Spirito di Gesù dà senso e fa compiere scelte che rendono la vita bella. Ciò dà la forza, come a S. Stefano, di affrontare le avversità, senza paura di “perdere” la vita.

QUARTO GRUPPO: Atti 9,1-19; LA KOINONIA: o fraternità, come capacità di vedere nell’altro, anche nell’”avversario” o “nemico” (come nel caso di Anania nei confronti di Saulo, persecutore dei cristiani), un compagno di viaggio, anche lui misteriosamente chiamato alla Verità e alla realizzazione del progetto di Dio.

Alle 16.00 abbiamo celebrato l’Eucaristia nella cappella dell’ala del convento dove eravamo ospitati.

Prima di riprendere la strada di casa, una foto nel giardino, una visita al convento guidati da fra Michele, un saluto, un ultimo sguardo dall’alto della collina a Rezzato, poi, in auto verso casa. Alla prossima.