Dieci minuti con se stessi – argomento: “OSPITI O PRIGIONIERI”
OSPITI O PRIGIONIERI
L’emiro Ma’n ibn Zayd, al termine di un’aspra battaglia, catturò un gruppo di uomini. Quando seppe che li attendeva la morte, il più anziano dei prigionieri disse all’emiro: «Noi siamo affamati e non è giusto ucciderei prima di offrirei del cibo». L’emiro fece, allora, imbandire un banchetto, al termine del quale l’anziano disse: «Secondo le usanze arabe, prima eravamo tuoi prigionieri, ora però siamo tuoi ospiti: perciò non puoi ucciderci!». E l’emiro, colpito da quelle parole, li mise in libertà.
RACCONTO DELLA TRADIZIONE ARABA
La riflessione di oggi
Questo bell’apologo, contenuto nella raccolta Sindbad e il falco sapiente, è un’illuminante lezione sul valore dell’accoglienza e dell’ospitalità, capace di trascendere ogni altra norma. Sappiamo quanto essa sia rilevante nella cultura orientale genuina (e non degenerata nel fondamentalismo) e quanto sia carente da noi, ove facile è che attecchiscano il rigetto, la speculazione sullo straniero, persino la prevaricazione. Certo, occorre che l’ospite si comporti degnamente: non per nulla l’anziano fa ricorso abilmente a una prassi codificata araba secondo la quale chi è a mensa cessa di essere un estraneo.
È, dunque, necessario il rispetto di una legge da parte di entrambi, l’ospite e il padrone di casa. Ma l’accento finale della parabola cade sulla generosità dell’emiro. Infatti il testo finisce con questa dichiarazione pronunziata da un sapiente di corte. È un po’ come la morale conclusiva delle favole ed è il suggello che poniamo anche noi sulla nostra riflessione sull’accoglienza: «Principe, noi ora non sappiamo quale dei due giorni è il più glorioso: se il giorno della tua vittoria sui tuoi nemici o il giorno del tuo perdono verso di loro. Chi perdona ama e chi ama vivrà in eterno!».
Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori