Dieci minuti con se stessi – argomento: “LA PROLISSITÀ”
LA PROLISSITÀ
L’arte dello scrivere è omettere, omettere, omettere. / Prima che a scrivere imparate a pensare.
Robert L. Stevenson / Nicolas Boileau
La riflessione di oggi
Devo confessarlo io per primo: nella mia vita ho scritto un piccolo oceano di parole e qualche volta mi propongo di entrare in quel silenzio che diventa purificazione e dieta dell’anima. Anche perché, prima o poi, sarà la natura stessa a condurmi a quell’orizzonte di quiete, attraverso la vecchiaia, la debilità della mente e l’allontanamento dei lettori o degli ascoltatori. Adesso, però, non voglio parlare solo a me stesso, ma un po’ a tutti, anche a coloro che al massimo hanno scritto solo i temi in classe, quand’erano alunni, o qualche lettera. Anzitutto ritorniamo sulla paternità delle due frasi che ho citato: la prima è di uno che sapeva scrivere e bene, Robert L. Stevenson, sì, l’inventore ottocentesco del dottor Jekyll e di mister Hyde o dell’Isola del tesoro; l’altra è del poeta francese del Seicento Nicolas Boileau.
La lezione valida per tutti è una sola: bisogna stare attenti al rischio della verbosità, della prolissità, dell’eccesso. Certo, questo vale anzitutto per i predicatori e gli oratori che spesso danno in lunghezza ciò che non sanno in profondità. Ma c’è anche una chiacchiera comune che diventa prevaricazione e indiscrezione. Non si dice di essere laconici e taciturni sempre, ma guai a scivolare sulla china dei logorroici e dei parolai. In quel fiume grigiastro, da un lato spesso s’annida la serpe di una parola sbagliata o cattiva, e d’altro lato, si manifesta – come dice Boileau – l’assenza di pensiero. La sobrietà è una dote della vita, ma anche del linguaggio.
Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori