Dieci minuti con se stessi – argomento: “A EFESO”
A EFESO
A Efeso, sulla collina dell’ usignolo, Miryam cantava presso il telaio. Iehohanan zappava nell’orto, e il mare, lontano, era già l’infinito.
Elio Fiore
La riflessione di oggi
Sono salito tante volte su quel colle delizioso che incombe sulle splendide e gloriose reliquie del passato di Efeso, la città (ora in Turchia) che aveva sentito risuonare nel suo teatro e nelle sue vie la voce di san Paolo. Là, immersa nel verde, tra il frinire delle cicale, è collocata una chiesetta dedicata a Maria: la tradizione vuole, un po’ liberamente, che la madre di Cristo sia giunta qui al seguito dell’apostolo Giovanni e qui abbia chiuso gli occhi alla fine della sua vita terrena. Ho voluto ricostruire questa scena attraverso l’evocazione di un poeta che ho conosciuto e che spesso mi inviava i suoi scritti, anche prima di pubblicarli, Elio Fiore (1935-2002), desumendo alcuni versi dalla sua raccolta Miryam di Nazareth (1992).
Da un lato, c’è tutta la quotidianità di una vita semplice quale fu quella di Maria: il lavoro e la serenità del cuore che fa affiorare alle labbra il canto. D’altro lato, però, ecco – proprio come a Efeso – in lontananza il mare, simbolo dell’infinito a cui la madre del Signore è destinata. È ciò che ricorda la solennità dell’altro ieri dell’ Assunzione con Maria che s’addormenta nella pace e suo Figlio la prende con sé per condurla in quell’orizzonte di intimità divina, aperto anche per noi. Ecco, dobbiamo intrecciare queste due dimensioni: la semplicità fedele alla propria vocazione durante l’esistenza terrena e l’attesa di approdare a quel mare immenso di luce ove – come ricordava san Paolo – «saremo sempre col Signore». Costanza e fiducia, amore e speranza sono le virtù del cristiano che vive e attende l’incontro estremo.
Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori