Dieci minuti con se stessi – argomento: “UNO STAGNO PALUDOSO”

27 Ott

Dieci minuti con se stessi – argomento: “UNO STAGNO PALUDOSO”

UNO STAGNO PALUDOSO

Il miglior modo di conservare le ricchezze guadagnate è distribuirle, così come le acque di uno stagno servono solo se irrigano i campi.

Vrddhacanakya

La riflessione di oggi

Dall’immenso repertorio della letteratura religiosa hindu attingiamo questa esortazione presente nel Vrddhacanakya, raccolta di antiche sentenze: è una testimonianza della convergenza che le grandi spiritualità manifestano attorno ad alcuni temi capitali, pur nella diversità delle loro identità religiose e delle loro matrici culturali. Il tema, evidente, è quello dell’amore operoso verso il prossimo bisognoso, e il simbolo che lo esalta è particolarmente efficace. Le acque, se si lasciano in uno stagno, ben presto si trasformano in un acquitrino paludoso; se, al contrario, si diramano in una rete di canali, irrigano i campi, li fecondano e li trasformano in prati e coltivazioni. Cristo era ricorso, invece, all’immagine del tesoro consumato dalla ruggine o assaltato dai banditi (Matteo 6,19-21).

Siamo, così, condotti spontaneamente verso un vizio capitale, l’avarizia, un morbo dell’anima che inaridisce i sentimenti, stravolge i pensieri, strangola la stessa vita. Sì, perché la continua coniugazione del verbo «avere» impedisce all’avaro di conoscere la bellezza e la freschezza del verbo «essere». Già l’antico sapiente biblico Siracide ammoniva: «L’insonnia per la ricchezza logora il corpo, l’ansia per essa toglie il sonno, l’affanno del possesso fa vegliare e impedisce l’assopirsi. È come una grave malattia che bandisce il sonno» (31,1-2). Alla fine si diventa proprio come uno stagno fangoso; l’ingordigia rinchiude in se stessi, taglia i ponti con gli altri, inaridisce gli affetti. Si potrebbe costruire un’intera antologia su questa «antica lupa… per la tua fame sanza fine cupa», come la definiva Dante nel Purgatorio (XX, 10.12). Non dimentichiamo che san Paolo la chiamava un’«idolatria» (Colossesi 3,5), e un grano d’incenso a questo idolo purtroppo un po’ tutti l’abbiamo offerto.

(Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori)