I DOMENICA di AVVENTO

03 Dic

I DOMENICA di AVVENTO

« AVVENTO,
TEMPO DI ATTESA E ATTENZIONE:
DIO SI FA VICINO …»                                            

 

 

Colore VIOLA (anno B)                                                        

I DOMENICA

di AVVENTO

                                        

CANTO DEL VANGELO (Sal 84,8)
Alleluia, alleluia.
Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.

Alleluia.                 

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VANGELO (Mc 13,33-37)
Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.

 

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Parola del Signore

Lode a te o Cristo

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COMMENTO (Spunti dalla riflessione di P. Ermes Ronchi)

 

“Se tu squarciassi i cieli e discendessi!”. Così il profeta Isaia, nella prima lettura, esprime il desiderio e l’attesa di rivedere il suo popolo unito; un popolo ribelle alle leggi che Dio ha scritto nel più profondo del cuore degli uomini e, per questo, ora, in balia delle proprie iniquità.

Nel brano di Marco è Gesù che riempie l’attesa. Richiamandoci, ancora una volta, a vegliare, a fare attenzione.

Attesa e attenzione (due atteggiamenti per riconoscere ed accogliere l’Avvento: l’arrivo, la venuta di “qualcuno”) hanno la medesima radice: “tendere a”, rivolgere mente e cuore verso qualcosa, che manca e che si fa vicino e cresce.

 

Avvento è un tempo per mettersi in movimento, per avviare percorsi, per avvicinarsi; non necessariamente per raggiungere la meta. Avvicinarsi a chi? A Dio, che si lascia vedere e ci viene incontro quando meno ce l’aspettiamo, nella creazione, negli altri, nel più profondo di noi stessi.


Marco, come già Matteo due domeniche fa, ci parla di un padrone che se ne va e lascia tutto in mano ai suoi servi; a ciascuno il suo compito.

Una costante di molte parabole, dove Gesù racconta il volto di un Dio che mette il mondo nelle nostre mani, che affida le sue creature all’intelligenza fedele e alla tenerezza combattiva dell’uomo.
Ma … un doppio rischio preme su di noi.

Il primo, ce lo dice ancora Isaia, è quello del cuore duro: “Perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te? (Is 63,17).

La “durezza del cuore” è la malattia che Gesù teme di più, la “sclerocardìa” che combatte nei farisei, e che intende con tutto se stesso curare e guarire. San Massimo, il Confessore, la converte in positivo così «Chi ha il cuore dolce sarà perdonato».

 

Il secondo rischio è vivere una vita addormentata: “Che non giunga l’atteso all’improvviso trovandovi addormentati (Marco 13,36).

È il rischio del quotidiano, del ripetitivo, del tutto uguale a ieri e all’altrieri … che rischia di renderci addormentati, distratti nel fare sempre le stesse cose senz’anima e, spesso, incapaci di scorgere e custodire i segni di vita intorno a noi.

Incapaci di essere attenti al mondo … alle sue creature più piccole e indispensabili: l’acqua, l’aria, le piante …  alle persone, alle loro parole, ai loro silenzi, alle domande mute, ad ogni offerta di tenerezza, alla bellezza del loro essere capaci di dare e ricevere amore, nonostante i limiti, le imperfezioni, gli errori .

Consapevoli di questi rischi, non ci lasceremo bloccare da chi ci annuncia sempre il peggio del mondo, un futuro minaccioso.

Rimettiamoci in cammino, attenti e partecipi a ciò che accade nel cuore e nel piccolo spazio di realtà in cui viviamo.

All’improvviso recupereremo la meraviglia dello Spirito che ci raggiunge ogni giorno, in una creazione che continua ancora: ci accorgeremo della richiesta di vicinanza, magari silenziosa, di un figlio, di una madre o un amico; della fortuna di avere un lavoro, una famiglia, una comunità solidale; della responsabilità che abbiamo di cogliere, in ogni ambito di vita, ciò che ci unisce piuttosto che ciò che ci divide. Il futuro non sarà “minaccioso” se partecipiamo con Amore alla sua “Creazione”.