XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

23 Ott

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Colore liturgico VERDE (anno C)

 “DIMMI COME PREGHI E TI DIRÒ IN CHE DIO CREDI …”

 CANTO DEL VANGELO  (2Cor 5,19)

Alleluia, alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.

Alleluia.

 VANGELO (Lc 18,9-14)
Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore
Lode a te o Cristo

COMMENTO di don Roberto Seregni

Due uomini salgono al tempio a pregare. Due modi diversi di stare davanti a Dio, agli altri e a se stessi.

Il fariseo si rivolge a Dio sbandierando i suoi meriti – per altro reali – e si permette, forte della sua giustizia e rettitudine, di giudicare duramente gli altri. La sua preghiera è autoreferenziale, non attende nulla da Dio, non si apre alla relazione con Lui. Ha già i suoi meriti e gli bastano quelli. E’ un uomo talmente pieno di sé e della sua bravura, che per Dio non c’è posto. Il fariseo è irreprensibile nel rispetto della legge, forse fa pure di più di quello che gli è chiesto, le sue opere sono buone, non c’è dubbio; ma ciò che non è buono è il suo modo di valutarle e di considerarle; ciò che non è buono è la sua presunzione e il giudizio tagliente sfoderato sul pubblicano.
Di cristiani così, purtroppo, ne ho conosciuti parecchi. Pieni della loro giustizia, della loro bravura, delle loro partecipazioni ai gruppi parrocchiali o agli incontri dei movimenti, da sentirsi in dovere di puntare il dito contro quei fratelli e quelle sorelle che forse – proprio da loro – si sarebbero aspettati una mano tesa, un sorriso, un riflesso del cuore del Rabbì di Nazareth.
Il pubblicano, invece, cosciente del suo peccato, della sua connivenza traditrice con l’invasore romano, si mette davanti a Dio con tutta la sua miseria e il desiderio del perdono. Sa che qualcosa deve cambiare e ne chiede la forza. Sa che da solo non può farcela, che ha bisogno del perdono di Dio.

Di cristiani così, per fortuna, ne ho conosciuti parecchi. Uomini e donne che si sono affidati alle mani di Dio; che hanno smesso di contrattare con Lui e si sono abbandonati, consegnati al suo abbraccio affidabile; che hanno smesso di vivere pieni di sensi di colpa e si sono fidati della potenza del perdono di Dio, della sua novità consegnata alle nostre mani; che hanno iniziato ad amare la Chiesa come comunità di peccatori perdonati che si accolgono, smettendo di puntare il dito, di giudicare, di escludere, di sognare la comunità perfetta (che, chissà perché, è sempre a propria immagine e somiglianza…).
Di cristiani così ne ho conosciuti tanti. Uomini e donne silenziosi, umili, granitici nella fede, profetici nello sguardo, incandescenti nella preghiera.
Coraggio, cari amici! Lasciamoci graffiare da questa Parola, mettiamoci nudi davanti a Lui, riprendiamo il filo della nostra preghiera e con umiltà ripetiamo la domanda sincera degli apostoli: “Signore, insegnaci a pregare!” (Luca 11,1. Buona settimana