XXXIV DOMENICA – CRISTO RE DELL’UNIVERSO

26 Nov

XXXIV DOMENICA – CRISTO RE DELL’UNIVERSO

«PER NON SMARRIRE LO SGUARDO

E IL CUORE DI DIO IN NOI …»

 

 

Colore VERDE (anno A)                                                      

XXXIII DOMENICA

del TEMPO ORDINARIO                                    

 

CANTO DEL VANGELO (Mc 11,9.10)
Alleluia, alleluia.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

Alleluia.                 

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VANGELO (Mt 25,31-46)
Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

 

Parola del Signore

Lode a te o Cristo

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COMMENTO (Spunti dalla riflessione di P. Ermes Ronchi)

 

Di queste ultime domeniche, rimangono nella mente le immagini dell’olio  (occorre rifornirsene per mantenere accesa la fede e arrivare al banchetto delle nozze); dei talenti (bisogna usarli per custodire e coltivare la gioia di chi cammina con noi).

Oggi, l’epilogo: chi conquista l’eredità del Regno, la gioia di Dio?

Ce lo svela il Figlio dell’uomo; Lui che ha realizzato pienamente la propria umanità,  donando tutto di sé, fino alla croce.

Ora, dal suo trono di gloria, forte della sua esperienza, pronuncia un giudizio. Mostra una visione del mondo, che svela il fine e il come raggiungere la pienezza della propria umanità.

È un mondo in cui non tutto è perfetto: c’è chi soffre fame, sete, chi è straniero, malvestito, malato e addirittura carcerato.

Di chi la “colpa”? Almeno un po’ di responsabilità l’avranno pure loro, se stanno in quelle situazioni!

Forse sì, ma …  al Figlio dell’uomo (il re che pronuncia questo giudizio per indirizzare le nostre scelte)  importa solo immedesimarsi con loro: «IO ho avuto fame, ho avuto sete, ero straniero, nudo, malato, in carcere … e voi? …».

Non si fissa sui peccati, gli errori, le colpe, ma si mette nei panni di chi vive le difficoltà della vita e attende e spera che chi gli passa accanto abbia almeno uno sguardo per Lui.

Nessuno è escluso a priori da simili situazioni.

Chi di noi può dire di non essersi trovato o, che non si troverà mai, in condizioni esistenziali difficili?

In quei momenti, che cosa ci ha dato o, ci darebbe, nuovo speranza? Che cosa abbiamo desiderato, o, desidereremmo?

Non certo uno sguardo cinico, accusatore, che ci schiaccia e ferma lì dove siamo caduti.

Piuttosto, lo sguardo amorevole e misericordioso di Dio, che non vuole mai la morte dell’uomo, di nessun uomo, ma vuole ch’egli viva, che ricominci a camminare.

Uno sguardo che “ci dia pane, acqua; ci accolga, ci vesta, ci visiti, ci consoli…” ci riconosca dignità, nonostante gli errori, e ci rimetta nel solco della vita.

Il giudizio, dunque, è la scelta tra due modi di vedere e di vivere la nostra umanità.

La scelta del Figlio dell’uomo è per chi sa riconoscere e immedesimarsi con i bisogni, le povertà e fragilità degli uomini e non volta le spalle; per chi si prende la responsabilità di dare risposte, anziché trovare scuse.

Per chi, invece, di fronte al bisogno dell’altro volta le spalle, rimane indifferente, il giudizio è severo, è una condanna.

Il giudizio di oggi è un appello del Cristo ad avere uno sguardo attento ai bisogni dell’altro; a metterci nei loro panni per avere una visione onesta e reale; a dare risposte che non siano di “partito”, ma che facciano appello al cuore della nostra umanità.  Al cuore di “carne” che Dio ci ha dato e non al cuore di pietra che Dio ci ha tolto (Ez 36,26).